LONTANI E VICINI
IL DECRETO SALVINI E LA LOTTA DI CLASSE
di Richard Brodie 16 novembre 2018
IL DECRETO SALVINI E LA LOTTA DI CLASSE
di Richard Brodie 16 novembre 2018
Lo scopo del decreto legge Sicurezza è ormai chiaro: creare insicurezza al fine di sostenere la campagna elettorale della Lega. Il contesto sociale che ha amplificato il suo consenso è quello della precarietà e povertà della classe operaia, per lo più classe operaia nera. Per scavalcare il Movimento Cinque Stelle, la Lega deve consolidare il sostegno del blocco sociale razzista, fomentando l’odio razziale dentro l’intera società. Inoltre Salvini sostiene il decreto Pillon, per non spezzare il legame con Forza Italia e con l’elettorato cattolico di destra, quest’ultimo in cerca di un nuovo erede della DC. Il Dl Sicurezza rappresenta un duro colpo alla lotta per la libertà dei cittadini non-Europei combattuta in questi anni: la lotta per la libertà di movimento, per servizi sanitari e scolastici, per un welfare state, contro atteggiamenti razzisti delle questure, contro la detenzione nei CIE.
La clandestinizzazione
L’aspetto più importante è l'inversione di marcia rispetto alla tendenza alla regolarizzazione. Il Pd non sbaglia quando sostiene che questa porta “meno sicurezza, più clandestini”. Visto come minaccia rivolta agli italiani, lo slogan è indubbiamente sbagliato; allo stesso tempo, dal punto di vista dei “clandestini”, descrive lo scopo della legge.
Togliere lo status umanitario determina la perdita di alcuni diritti importanti come la regolarizzazione nel territorio europeo, con la possibilità di entrare ed uscire dall’Europa liberamente. L’irregolarità isola le persone in Europa e in Italia non solo per la libertà di movimento, ma anche per tutte le conseguenze psicologiche. Questa situazione incrementa lo stato di limbo, uno stato “disumanitario”. In più, il maxi emendamento al Dl, aggiunto all’ultimo minuto dalla Lega, restringe i criteri per ottenere lo status di rifugiato, creando “aree interne sicure” dentro paesi altrimenti pericolosi. Il risultato, di nuovo, sarà l’aumento di persone senza documenti.
Irregolarità significa anche privazione di risorse dello Stato destinate a chi possiede i permessi: sostegno economico, servizi medici, istruzione, graduatorie per i senzatetto. La situazione per le donne, come sempre, risulta ancor più grave in quanto l’irregolarità aumenta il rischio dello sfruttamento sessuale e la spinta ad instaurare rapporti “familiari”, un modo per “guadagnare” il sostegno dello Stato italiano.
Alla fine, questo processo di deregolarizzazione accresce la presenza di una cittadinanza di secondo livello, “deregolarizzati” come privatizzati, privati di sostegno pubblico, mentre la cittadinanza di primo livello continua a fruirne. Quest’aspetto ricomporrebbe la classe operaia nera sotto diversi punti di vista. Primo, riporterebbe un’intera ondata di migranti arrivati prima del 2011 alla stessa situazione di quelli post-2011, in quanto tutti i titolari dello status umanitario (indipendentemente della data di riconoscimento) si trovano di fronte alla necessità di scegliere tra convertire i loro permessi di soggiorno in un permesso per motivi di lavoro, o diventare irregolari. Secondo, impone il bisogno per un milione di persone di ricorrere alla lotta per la sopravvivenza con lo status di clandestino, cioè senza poter appellarsi alle autorità e con l’utilizzo di documenti falsi, comunque dentro circuiti di criminalità.
L'abbandono dei regolari
La riforma del sistema di accoglienza più importante presente nel decreto è la limitazione dell’ingresso ai centri della rete SPRAR ai titolari di protezione sussidiaria e rifugiati, cioè la negazione alle persone che hanno ricevuto lo status umanitario prima dell’applicazione della legge [1]. L’effetto di questa norma è che sempre più persone si trovano costrette a dover scegliere tra l’accattonaggio e la fuga: per esempio, compiendo diciott’anni, i minorenni già titolari dello status umanitario grazie alla loro minor età, si troveranno per strada. Lo stesso problema si presenta per le vittime di tratta ed altre persone vulnerabili, alle quali una Commissione Territoriale o un giudice ha fornito lo status umanitario: godere di questo status ora vuol dire accorciare il tempo di accoglienza. L'impatto è che anche coloro che hanno una forma di protezione si troveranno in una situazione assai simile a quella degli irregolari. Per questo la clandestinizzazione suddetta sarà accompagnata da una perdita dei servizi ai quali anche i cittadini stranieri regolari possono accedere, promuovendo, di nuovo, il ricorso ai circuiti criminali. Molto simile è il diniego all’iscrizione anagrafica prevista dalla nuova legge per i richiedenti asilo, portandoli a una situazione di limbo ancora più grave (senza iscrizione anagrafica non si può certificare un diploma scolastico o accedere, per esempio, a corsi regionali).
Che vuol dire “criminalità”? Per lo più l’utilizzazione di documenti falsi, allo scopo di convertire uno status umanitario in un permesso per motivi di lavoro. In questo caso, infatti, occorre presentare un contratto di lavoro o la prova di un’attività autonoma. Vista la scarsa possibilità di regolarizzare un contratto di lavoro, anche per un cittadino italiano, non c’è dubbio che la nuova legge causerà un incremento di contratti falsi e di commercialisti conniventi, specialmente nei settori agricolo e turistico, in cui tantissimi cittadini stranieri entrati dopo il 2011 sono impegnati. Per questo motivo è errato dire che i migranti “precipitano nei circuiti criminali”, meglio precisare che diventano una parte di un circuito creato a causa di queste dinamiche, spintivi dunque dallo Stato stesso.
Disciplina e punizione
Il decreto rinforza gli strumenti per disciplinare e terrorizzare la classe operaia nera, incrementando i tempi di detenzione in hotspot e CPR (i nuovi CIE) allo scopo, ufficialmente, di identificare e permettere il trattenimento in strutture diverse dai CPR, se si è registrata una mancanza di posti.
Tale modifica risponde ad uno dei maggiori problemi (per lo Stato) rispetto a quello del rimpatrio, cioè la costante chiusura dei CPR grazie agli atti di ribellione, soprattutto da parte dei cittadini tunisini. Questo provvedimento lascia la porta aperta non solo alla carcerazione come risposta alla politica di clandestinizzazione, ma anche come risposta al bisogno della borghesia mafiosa di riciclare denaro e canalizzare fondi tramite appalti pubblici, ora che il numero di centri di accoglienza diminuisce.
In più, i motivi per i quali lo status di rifugiato può essere rifiutato dalla questura sono stati allargati e includono reati contro un pubblico ufficiale, come la minaccia. Questo strumento lascia nelle mani degli agenti – anche non specializzati come i vigili urbani – un’arma di ricatto nei confronti dei clandestini e perfino dei rifugiati, cioè coloro che hanno una forma di protezione internazionale.
Conclusione
Il decreto Salvini fa parte di una riforma del sistema della cosiddetta politica migratoria che cerca di creare una divisione della popolazione nel territorio italiano, rinforzando la ricattabilità e lo sfruttamento della classe operaia nera per sopperire alla mancanza di miglioramento delle condizioni di vita della classe operaia bianca. Anche se il decreto riguarderà per lo più i richiedenti asilo e titolari di protezione, cioè coloro che sono entrati in Italia dopo 2011, ci saranno conseguenze per tanti altri.
Gli effetti più immediati saranno l’aumento dei senzatetto nei centri metropolitani, un’espansione del mercato dei contratti falsi e la fuga di tanti giovani migranti, provocando la distruzione delle comunità non-europee in diverse città. Allo stesso tempo, assisteremo ad un ulteriore abbassamento dei salari nei settori agricolo, edilizio, turistico e potenzialmente anche nella logistica. La società solidale deve affrontare questi problemi, cercando soluzioni allocative ed economiche, altresì continuando a denunciare episodi di razzismo anche istituzionale, monitorando e, si spera, contrastando la fomentazione dell’odio sociale.
PAGINE DA LEGGERE
Scheda Naga:
https://naga.it/2018/10/30/dl-salvini-materiale-di-approfondimento/
Maxi emendamento:
https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/11/08/decreto-sicurezza-senato
ASGI:
https://www.asgi.it/tag/decreto-immigrazione-2018/
1. La retroattività della legge dipende dall’interpretazione in tribunale: alcuni tribunali ritengono che lo status non può essere consentito già; altri riconoscono il diritto dei ricorrenti di essere giudicati secondo la legge in vigore quando la Commissione Territoriale li ha sentiti.
La clandestinizzazione
L’aspetto più importante è l'inversione di marcia rispetto alla tendenza alla regolarizzazione. Il Pd non sbaglia quando sostiene che questa porta “meno sicurezza, più clandestini”. Visto come minaccia rivolta agli italiani, lo slogan è indubbiamente sbagliato; allo stesso tempo, dal punto di vista dei “clandestini”, descrive lo scopo della legge.
Togliere lo status umanitario determina la perdita di alcuni diritti importanti come la regolarizzazione nel territorio europeo, con la possibilità di entrare ed uscire dall’Europa liberamente. L’irregolarità isola le persone in Europa e in Italia non solo per la libertà di movimento, ma anche per tutte le conseguenze psicologiche. Questa situazione incrementa lo stato di limbo, uno stato “disumanitario”. In più, il maxi emendamento al Dl, aggiunto all’ultimo minuto dalla Lega, restringe i criteri per ottenere lo status di rifugiato, creando “aree interne sicure” dentro paesi altrimenti pericolosi. Il risultato, di nuovo, sarà l’aumento di persone senza documenti.
Irregolarità significa anche privazione di risorse dello Stato destinate a chi possiede i permessi: sostegno economico, servizi medici, istruzione, graduatorie per i senzatetto. La situazione per le donne, come sempre, risulta ancor più grave in quanto l’irregolarità aumenta il rischio dello sfruttamento sessuale e la spinta ad instaurare rapporti “familiari”, un modo per “guadagnare” il sostegno dello Stato italiano.
Alla fine, questo processo di deregolarizzazione accresce la presenza di una cittadinanza di secondo livello, “deregolarizzati” come privatizzati, privati di sostegno pubblico, mentre la cittadinanza di primo livello continua a fruirne. Quest’aspetto ricomporrebbe la classe operaia nera sotto diversi punti di vista. Primo, riporterebbe un’intera ondata di migranti arrivati prima del 2011 alla stessa situazione di quelli post-2011, in quanto tutti i titolari dello status umanitario (indipendentemente della data di riconoscimento) si trovano di fronte alla necessità di scegliere tra convertire i loro permessi di soggiorno in un permesso per motivi di lavoro, o diventare irregolari. Secondo, impone il bisogno per un milione di persone di ricorrere alla lotta per la sopravvivenza con lo status di clandestino, cioè senza poter appellarsi alle autorità e con l’utilizzo di documenti falsi, comunque dentro circuiti di criminalità.
L'abbandono dei regolari
La riforma del sistema di accoglienza più importante presente nel decreto è la limitazione dell’ingresso ai centri della rete SPRAR ai titolari di protezione sussidiaria e rifugiati, cioè la negazione alle persone che hanno ricevuto lo status umanitario prima dell’applicazione della legge [1]. L’effetto di questa norma è che sempre più persone si trovano costrette a dover scegliere tra l’accattonaggio e la fuga: per esempio, compiendo diciott’anni, i minorenni già titolari dello status umanitario grazie alla loro minor età, si troveranno per strada. Lo stesso problema si presenta per le vittime di tratta ed altre persone vulnerabili, alle quali una Commissione Territoriale o un giudice ha fornito lo status umanitario: godere di questo status ora vuol dire accorciare il tempo di accoglienza. L'impatto è che anche coloro che hanno una forma di protezione si troveranno in una situazione assai simile a quella degli irregolari. Per questo la clandestinizzazione suddetta sarà accompagnata da una perdita dei servizi ai quali anche i cittadini stranieri regolari possono accedere, promuovendo, di nuovo, il ricorso ai circuiti criminali. Molto simile è il diniego all’iscrizione anagrafica prevista dalla nuova legge per i richiedenti asilo, portandoli a una situazione di limbo ancora più grave (senza iscrizione anagrafica non si può certificare un diploma scolastico o accedere, per esempio, a corsi regionali).
Che vuol dire “criminalità”? Per lo più l’utilizzazione di documenti falsi, allo scopo di convertire uno status umanitario in un permesso per motivi di lavoro. In questo caso, infatti, occorre presentare un contratto di lavoro o la prova di un’attività autonoma. Vista la scarsa possibilità di regolarizzare un contratto di lavoro, anche per un cittadino italiano, non c’è dubbio che la nuova legge causerà un incremento di contratti falsi e di commercialisti conniventi, specialmente nei settori agricolo e turistico, in cui tantissimi cittadini stranieri entrati dopo il 2011 sono impegnati. Per questo motivo è errato dire che i migranti “precipitano nei circuiti criminali”, meglio precisare che diventano una parte di un circuito creato a causa di queste dinamiche, spintivi dunque dallo Stato stesso.
Disciplina e punizione
Il decreto rinforza gli strumenti per disciplinare e terrorizzare la classe operaia nera, incrementando i tempi di detenzione in hotspot e CPR (i nuovi CIE) allo scopo, ufficialmente, di identificare e permettere il trattenimento in strutture diverse dai CPR, se si è registrata una mancanza di posti.
Tale modifica risponde ad uno dei maggiori problemi (per lo Stato) rispetto a quello del rimpatrio, cioè la costante chiusura dei CPR grazie agli atti di ribellione, soprattutto da parte dei cittadini tunisini. Questo provvedimento lascia la porta aperta non solo alla carcerazione come risposta alla politica di clandestinizzazione, ma anche come risposta al bisogno della borghesia mafiosa di riciclare denaro e canalizzare fondi tramite appalti pubblici, ora che il numero di centri di accoglienza diminuisce.
In più, i motivi per i quali lo status di rifugiato può essere rifiutato dalla questura sono stati allargati e includono reati contro un pubblico ufficiale, come la minaccia. Questo strumento lascia nelle mani degli agenti – anche non specializzati come i vigili urbani – un’arma di ricatto nei confronti dei clandestini e perfino dei rifugiati, cioè coloro che hanno una forma di protezione internazionale.
Conclusione
Il decreto Salvini fa parte di una riforma del sistema della cosiddetta politica migratoria che cerca di creare una divisione della popolazione nel territorio italiano, rinforzando la ricattabilità e lo sfruttamento della classe operaia nera per sopperire alla mancanza di miglioramento delle condizioni di vita della classe operaia bianca. Anche se il decreto riguarderà per lo più i richiedenti asilo e titolari di protezione, cioè coloro che sono entrati in Italia dopo 2011, ci saranno conseguenze per tanti altri.
Gli effetti più immediati saranno l’aumento dei senzatetto nei centri metropolitani, un’espansione del mercato dei contratti falsi e la fuga di tanti giovani migranti, provocando la distruzione delle comunità non-europee in diverse città. Allo stesso tempo, assisteremo ad un ulteriore abbassamento dei salari nei settori agricolo, edilizio, turistico e potenzialmente anche nella logistica. La società solidale deve affrontare questi problemi, cercando soluzioni allocative ed economiche, altresì continuando a denunciare episodi di razzismo anche istituzionale, monitorando e, si spera, contrastando la fomentazione dell’odio sociale.
PAGINE DA LEGGERE
Scheda Naga:
https://naga.it/2018/10/30/dl-salvini-materiale-di-approfondimento/
Maxi emendamento:
https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/11/08/decreto-sicurezza-senato
ASGI:
https://www.asgi.it/tag/decreto-immigrazione-2018/
1. La retroattività della legge dipende dall’interpretazione in tribunale: alcuni tribunali ritengono che lo status non può essere consentito già; altri riconoscono il diritto dei ricorrenti di essere giudicati secondo la legge in vigore quando la Commissione Territoriale li ha sentiti.
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