
IL FRONTE CULTURALE
E INFINE USCIMMO
A RIVEDERCI
FUORI FACEBOOK
Un profilo in sei voci
di Vito Bianco 7 giugno 2019
E INFINE USCIMMO
A RIVEDERCI
FUORI FACEBOOK
Un profilo in sei voci
di Vito Bianco 7 giugno 2019
Al termine di una lunga opera di persuasione da parte di una vecchia amica che me ne vantava le potenzialità, lo scorso ottobre ho fatto il mio ingresso in Facebook. Dopo un periodo di assidua frequentazione della piattaforma, di partecipazione a quella che mi è subito apparsa come una sorta di esistenza parallela, me ne sono progressivamente allontanato fino a una quasi totale sparizione: niente più commenti, interventi, o brevi testi letterari. Nessuno dei miei ottocento amici, che io sappia, ha sentito la mia mancanza. E perché mai avrebbero dovuto sentirla? L’attualità incalza e non c’è tempo di fermarsi sulle defezioni. Confesso di trovare irritanti alcune caratteristiche di FB, per esempio il narcisismo – compreso il mio – che in certi casi raggiunge livelli francamente insopportabili. Ma la fascinazione forse un po’ perversa mi è rimasta, insieme al desiderio di capire. Ci ho provato con queste sei voci, in modo libero e personale, usando un po’ di ironia e senza neppure sognarmi di chiudere il discorso ma al contrario di aprirlo. (La volontà di concludere è tipica del cretino, pare fosse solito dire Roland Barthes).
Amici (Amicizia) L’amicizia è una cosa seria, si è sempre detto. Gli amici si scelgono, i parenti no. L’amico vero è quello con il quale condividi passioni, idiosincrasie e un certo modo di vedere il mondo. A volte l’amico può prima, per età, essere un maestro, una guida, uno che senza dirti nulla ti indica il cammino. Qualche volta ti dà un consiglio, se glielo chiedi, o ti consiglia un certo libro da leggere perché pensa che sia arrivato il momento di farlo.
A volte può capitare che sorga il dilemma: è più importante l’amico o la verità. Un dilemma lacerante, in certi frangenti della vita. Che fare, come agire, quale decisione prendere? Aristotele direbbe che bisogna sempre stare dalla parte della verità; e lo stesso Kant, col suo piglio rigorista che non contempla eccezioni.
Talvolta è davvero difficile salvare la capra e i cavoli, l’amico e la verità. Nella vita reale e su FB. Se un amico dice una sciocchezza mentre seduti al bar stiamo bevendo un caffè, posso sorridere e far finta di nulla, magari rischiando di fargli credere che con quella sciocchezza sono d’accordo. Oppure posso dirgli che secondo me ha detto una cosa sbagliata provando a dimostrargli perché è sbagliata. Se lo stesso amico la scrive (la posta) su FB posso o ignorare quello che ha scritto senza nemmeno il bisogno di sorridere per dissimulare l’imbarazzo o il desiderio di dirgli che no, le cose non stanno affatto come lui sostiene. Oppure, anche in questo caso, posso provare a dimostrargli che la sua affermazione è errata, priva di fondamento o frutto di un pregiudizio, come sovente accade.
Per iscritto. Quindi dalla salutare distanza che mi consente il confronto virtuale, in assenza; e avendo più tempo a disposizione per ponderare la migliore risposta possibile. Pesando le parole; scegliendole accuratamente al fine di non offenderlo, di non urtare la sua suscettibilità. Per conservarne l’amicizia, innanzitutto; e perché quell’amico presto o tardi lo rincontrerò nella vita vera.
Se invece l’amico che ha detto la castroneria è un amico di FB, uno dei molti contatti acquisiti attraverso una catena prevedibile e imprevedibile di contatti (l’umore o le imperscrutabili regole di connessione dell’algoritmo che lo governa) le cose possono cambiare; oppure no. Posso, se voglio, essere più sbrigativo, più sicuro, più diretto, meno diplomatico, perché tanto quell’amico virtuale quasi certamente non lo vedrò mai, fuori dallo spazio immateriale di FB. Ma potrei invece decidere di comportarmi allo stesso modo, considerare cioè l’amico virtuale alla stregua di uno vero; ossia comportarmi esattamente come mi comporterei nella vita vera.
In fondo, per quale motivo dovrei comportarmi diversamente? Qual è la differenza tra un’amicizia vera e una virtuale? Cosa le distingue? L’obbligo di lealtà dovrebbe valere sempre e comunque. O quasi. Forse in amore e in guerra no, come sentenzia la massima popolare. Nel primo caso entra in campo l’amore, un “maggiore”, o presunto tale, il quale farebbe venire meno il caposaldo dell’amicizia, la lealtà; nel secondo, analogamente, il valore superiore è la fazione o la patria, se i due ipotetici amici sono di paesi diversi e ora nemici.
E dunque dire “Siamo amici su FB” non dovrebbe essere diverso dal dire, semplicemente, “Siamo amici”. Allora io da qualche mese ho ottocento amici, anche se settecentocinquanta non li ho mai incontrati nel mondo tridimensionale in cui soffro e vivo (e viceversa) ogni giorno che qualcuno manda in terra. Ma, mi chiedo, posso amarli così come amo gli altri? Insomma, quello che vorrei sapere è questo: può darsi vero amore su Fb?
Essere Il punto dolente del pensiero occidentale. Il punto di massima densità speculativa, potente e inafferrabile al tempo stesso. Possiamo considerarlo il Big Bang da cui è scaturito, venticinque secoli fa, il nostro mondo filosofico. Attorno a esso da secoli si accapigliano pensatori d’ogni sorta. Per cominciare: perché l’essere e non il nulla? Poi: si muove o sta fermo? Muta o è immutabile? E ancora: coincide con la coscienza che qualcuno chiama pensiero? Se l’essere che ci è dato di esperire non è che coscienza, allora possiamo dire che la nostra presenza su FB è una presenza dotata di essere, dunque reale.
Ma se anche decidessimo di dare ragione all’enigmatico Eraclito, noto per la massima “Tutto scorre”, secondo cui per l’appunto tutto è conflitto e mutamento, potremmo ugualmente concludere che la nostra presenza su FB è altrettanto reale, poiché anche lì tutto scorre come nel fiume eracliteo dove non è possibile bagnarsi due volte, poiché la seconda volta a bagnarci sarà un’acqua diversa (ma in un altro frammento il filosofo dice che “Nello stesso fiume stiamo e non stiamo”, problematizzando parecchio la faccenda e introducendo il primo germe di confutazione del principio di non contraddizione).
Scorre e si ferma, dato che questo tutto si fissa nelle singole “bacheche” che gli amici sono liberi di visitare lasciando, se ne hanno voglia, un commento. Quindi su FB si è veri amici perché lo si è, in un certo complicato senso, allo stesso modo, o quasi, in cui lo si è nella realtà, stando seduti al tavolo di un bar con il ritrovato compagno di liceo, il quale probabilmente dirà una scempiaggine che sono libero di confutare o di non confutare.
Ma, più verosimilmente, su FB si è enon si è, si esiste enon si esiste, si soffre e non si soffre, e così via. È questo il bello; possiamo sospendere il giudizio, come facciamo spesso senza rendercene conto, guardando un film, leggendo un romanzo, assistendo al rito dell’eucarestia, osservando un istruttore di tennis: lavora o gioca?
Presenza La presenza su FB degli iscritti è solitamente assidua, costante, continua. Perlopiù quotidiana. Chi comincia ad assentarsi viene presto dimenticato. Nessuno si chiede pubblicamente che ne è stato del tale che fino a qualche settimana fa aveva ogni giorno qualcosa da dire su tutto lo scibile umano. È morto, sta male, ha rinnegato la comunità della quale faceva orgogliosamente parte? Comunque sia, va dimenticato; come se parlare di una defezione volesse dire interrogarsi sulla natura profonda del mezzo; sul suo senso o non senso; sul flusso di parole e immagini che da quindici anni non smette di autoalimentarsi.
Un vero fedele della piattaforma scrive ogni giorno un post, anche brevissimo, anche di una sola frase, meglio se sarcastico o ironico, ma va bene anche lo sfogo sintetico, al limite l’insulto rivolto a una categoria (i politici en masse) o a una singola personalità pubblica di cui non si condivide l’ultima dichiarazione o decisione (se uomo di potere, per esempio un ministro).
È la traccia, il graffio, l’alzata di mano che segnala la presenza: sono qui, non manco, dico anch’io la mia, ho visto, ho sentito, posso testimoniare per il presente e il futuro.
L’iscritto assiduo vive nella vita reale portandosi dietro due ombre: quella del proprio corpo, e quella di FB. Se parte per un viaggio, si fotografa o fotografa il piatto che sta mangiando nella trattoria tipica; lo scatto o l’autoscatto sono un prolungamento della piattaforma che fanno circolarmente ritorno alla piattaforma, dove acquistano l’unica forma di esistenza possibile, quella pubblica, e finalmente si inverano, nel senso che raggiunge la verità alla quale era destinato.
Molti filmano quello che stanno facendo (gita nel bosco, manifestazione di protesta, incontro con l’autore), perché “la vita in diretta”, la vita che si raddoppia nel momento stesso in cui vive prende subito il sapore dell’evento, diventa storia senza dover aspettare la lenta stagionatura degli anni. Parafrasando, “la vita è qualcosa che ti accade mentre sei impegnato a trasformarla in immagine”, in attesa – breve – di vedere quanti “mi piace” ha collezionato.
E allora la domanda è: dove si è davvero presenti, su FB o nella vita? Viviamo nella realtà perché non possiamo ancora vivere esclusivamente su Fb? E ancora: che vita fanno quelli che compaiono sei, sette volte al giorno sulla piattaforma? O meglio: vivono? Troppe domande. E nessuna risposta. Ma bisogna pur cominciare.
Vero (Verità) La verità fa male. La verità è rivoluzionaria. La verità è dialogica. No, la verità è uno svelamento, una luce che abbaglia. Su FB il vero e il falso convivono. Il falso passa per vero fino a quando non viene smentito dall’autorità di un opinionista di indiscussa autorevolezza. Ma intanto la menzogna ha circolato, è stata ripetuta, ha avuto il tempo di prendere posto nelle menti di migliaia di utenti che non sono in grado di leggerla per quello che è: una bufala, un’invenzione, un ballon d’essai che ha lo scopo di saggiare le reazioni di una certa porzione di opinione pubblica, o di una lobby.
La verità della piattaforma è una categoria instabile, mutevole, oggetto di un dibattito quasi sempre disordinato, passionale, che non riesce a mettere da parte insofferenze e pregiudizi. Non che siano assenti i confronti di segno opposto, ma sono più rari, e durano poco, e presto le opinioni si accavallano e la confusione prevale.
Il mezzo ha una natura assertiva, si presta meglio al proclama, all’affermazione apodittica, all’esortazione che si chiude nell’arco di una decina di righe. La verità o, più prosaicamente, le cose come a un di presso stanno, su FB tende formalmente al dialettico ma inclina per essenza al monologo, alla sentenza. L’unica verità indiscutibile è quella del post con il quale ti racconto la mia giornata a scuola o in ufficio con al centro un aneddoto per me significativo.
È la verità del diario, dell’io che si mette in scena e costruisce giorno dopo giorno la sua identità; un’identità narrativa, quindi più vivace e accattivante, che gli amici sono chiamati a commentare e approvare, poiché senza riscontro il mio parlare sarebbe vano e il mio diario in pubblico ridiventerebbe privato, segreto, “novecentesco”, insomma.
“Sì, hai ragione, è proprio così” mi aspetto e spero che mi dicano, in un costante rispecchiamento del simile nel simile, in una catena potenzialmente interminabile di esternazioni e contro esternazioni. Io sono vero. O almeno io propongo il mio incontestabile discorso di verità che riguarda prima di tutto la mia persona. Che può anche essere una “maschera”. Ma chi ha la voglia – e l’impudenza – di dirlo?
Virtuale Virtuale è ciò che (ancora?) non è reale; o ciò che simula la realtà sapendo però che non potrà mai definitivamente surrogarla. È il sostituto momentaneo velato di nostalgia. Una cosa finta al posto di quella vera. Potremmo dire che è la realtà senza gli spigoli e la durezza del reale. (O meglio, ci sono ma sono facilmente aggirabili). Facebook non è la vita ma il suo simulacro; lo specchio digitale in cui la nostra vita si riflette e si osserva. È una vetrina affollata di scritture e di volti, il luogo dove la vita si trascrive, si trasfigura, si mette in mostra ed esibisce le sue virtù e le sue note caratteristiche.
Ma che ne è del virtuale, per dirla con una formula filosofica, se la mia vita è priva dell’altra faccia, della cosa reale; se il fenomeno che devo trascrivere o mettere in vetrina è quasi assente o del tutto assente? Ma è ipotizzabile un’esistenza completamente disincarnata, un’esistenza così sottile da non poter avere altro luogo se non la piattaforma digitale? Sembra di no.
Anche i maniaci di FB hanno una vita carnale; mangiano passeggiano fanno la spesa hanno mal di stomaco. Eppure si ha la sensazione che il confine tra i due mondi tenda a sfumare. Che l’interscambio frequente trasformi la vita e la piattaforma, che una nutra l’altra e viceversa. “L’ho messo su FB”. “Mettilo su FB”. “Mettiamolo su FB”. Frasi consuete che indicano una presenza costante, l’ombra di cui abbiamo già parlato.
Manca “Viviamolo su FB”. O: “Facciamolo per FB”, ossia, facciamo tutti insieme in modo che la piattaforma continui a vivere, a prosperare, a farci sperare in un mondo integralmente visibile e leggero, dove un pollice che punta in alto e una faccina che sorride non manchino mai.
Vita È l’ultima parola. Ma anche la prima. Senza vita niente FB. E senza FB? Ancora vita. Pur sempre vita. Anche se non la stessa: indietro non si torna. Ma a quanto pare la vita è sempre altrove, in un posto dove vorremmo ma non possiamo essere. Però c’è sempre uno che ci va per noi, e ce lo racconta, con parole e immagini. “La vita” diceva Lennon, nell’originale della frase che abbiamo parafrasato sopra, “è qualcosa che ti accade mentre sei impegnato a fare altro”. Cosa? Per esempio pubblicare sul tuo social preferito l’ultimo selfie nel quale, alle tue spalle, si stagliano ben visibili il ponte di Rialto e la laguna. E mentre sorridi davanti al rettangolo dello smartphone, ti chiedi: piacerà ai miei amici?
Amici (Amicizia) L’amicizia è una cosa seria, si è sempre detto. Gli amici si scelgono, i parenti no. L’amico vero è quello con il quale condividi passioni, idiosincrasie e un certo modo di vedere il mondo. A volte l’amico può prima, per età, essere un maestro, una guida, uno che senza dirti nulla ti indica il cammino. Qualche volta ti dà un consiglio, se glielo chiedi, o ti consiglia un certo libro da leggere perché pensa che sia arrivato il momento di farlo.
A volte può capitare che sorga il dilemma: è più importante l’amico o la verità. Un dilemma lacerante, in certi frangenti della vita. Che fare, come agire, quale decisione prendere? Aristotele direbbe che bisogna sempre stare dalla parte della verità; e lo stesso Kant, col suo piglio rigorista che non contempla eccezioni.
Talvolta è davvero difficile salvare la capra e i cavoli, l’amico e la verità. Nella vita reale e su FB. Se un amico dice una sciocchezza mentre seduti al bar stiamo bevendo un caffè, posso sorridere e far finta di nulla, magari rischiando di fargli credere che con quella sciocchezza sono d’accordo. Oppure posso dirgli che secondo me ha detto una cosa sbagliata provando a dimostrargli perché è sbagliata. Se lo stesso amico la scrive (la posta) su FB posso o ignorare quello che ha scritto senza nemmeno il bisogno di sorridere per dissimulare l’imbarazzo o il desiderio di dirgli che no, le cose non stanno affatto come lui sostiene. Oppure, anche in questo caso, posso provare a dimostrargli che la sua affermazione è errata, priva di fondamento o frutto di un pregiudizio, come sovente accade.
Per iscritto. Quindi dalla salutare distanza che mi consente il confronto virtuale, in assenza; e avendo più tempo a disposizione per ponderare la migliore risposta possibile. Pesando le parole; scegliendole accuratamente al fine di non offenderlo, di non urtare la sua suscettibilità. Per conservarne l’amicizia, innanzitutto; e perché quell’amico presto o tardi lo rincontrerò nella vita vera.
Se invece l’amico che ha detto la castroneria è un amico di FB, uno dei molti contatti acquisiti attraverso una catena prevedibile e imprevedibile di contatti (l’umore o le imperscrutabili regole di connessione dell’algoritmo che lo governa) le cose possono cambiare; oppure no. Posso, se voglio, essere più sbrigativo, più sicuro, più diretto, meno diplomatico, perché tanto quell’amico virtuale quasi certamente non lo vedrò mai, fuori dallo spazio immateriale di FB. Ma potrei invece decidere di comportarmi allo stesso modo, considerare cioè l’amico virtuale alla stregua di uno vero; ossia comportarmi esattamente come mi comporterei nella vita vera.
In fondo, per quale motivo dovrei comportarmi diversamente? Qual è la differenza tra un’amicizia vera e una virtuale? Cosa le distingue? L’obbligo di lealtà dovrebbe valere sempre e comunque. O quasi. Forse in amore e in guerra no, come sentenzia la massima popolare. Nel primo caso entra in campo l’amore, un “maggiore”, o presunto tale, il quale farebbe venire meno il caposaldo dell’amicizia, la lealtà; nel secondo, analogamente, il valore superiore è la fazione o la patria, se i due ipotetici amici sono di paesi diversi e ora nemici.
E dunque dire “Siamo amici su FB” non dovrebbe essere diverso dal dire, semplicemente, “Siamo amici”. Allora io da qualche mese ho ottocento amici, anche se settecentocinquanta non li ho mai incontrati nel mondo tridimensionale in cui soffro e vivo (e viceversa) ogni giorno che qualcuno manda in terra. Ma, mi chiedo, posso amarli così come amo gli altri? Insomma, quello che vorrei sapere è questo: può darsi vero amore su Fb?
Essere Il punto dolente del pensiero occidentale. Il punto di massima densità speculativa, potente e inafferrabile al tempo stesso. Possiamo considerarlo il Big Bang da cui è scaturito, venticinque secoli fa, il nostro mondo filosofico. Attorno a esso da secoli si accapigliano pensatori d’ogni sorta. Per cominciare: perché l’essere e non il nulla? Poi: si muove o sta fermo? Muta o è immutabile? E ancora: coincide con la coscienza che qualcuno chiama pensiero? Se l’essere che ci è dato di esperire non è che coscienza, allora possiamo dire che la nostra presenza su FB è una presenza dotata di essere, dunque reale.
Ma se anche decidessimo di dare ragione all’enigmatico Eraclito, noto per la massima “Tutto scorre”, secondo cui per l’appunto tutto è conflitto e mutamento, potremmo ugualmente concludere che la nostra presenza su FB è altrettanto reale, poiché anche lì tutto scorre come nel fiume eracliteo dove non è possibile bagnarsi due volte, poiché la seconda volta a bagnarci sarà un’acqua diversa (ma in un altro frammento il filosofo dice che “Nello stesso fiume stiamo e non stiamo”, problematizzando parecchio la faccenda e introducendo il primo germe di confutazione del principio di non contraddizione).
Scorre e si ferma, dato che questo tutto si fissa nelle singole “bacheche” che gli amici sono liberi di visitare lasciando, se ne hanno voglia, un commento. Quindi su FB si è veri amici perché lo si è, in un certo complicato senso, allo stesso modo, o quasi, in cui lo si è nella realtà, stando seduti al tavolo di un bar con il ritrovato compagno di liceo, il quale probabilmente dirà una scempiaggine che sono libero di confutare o di non confutare.
Ma, più verosimilmente, su FB si è enon si è, si esiste enon si esiste, si soffre e non si soffre, e così via. È questo il bello; possiamo sospendere il giudizio, come facciamo spesso senza rendercene conto, guardando un film, leggendo un romanzo, assistendo al rito dell’eucarestia, osservando un istruttore di tennis: lavora o gioca?
Presenza La presenza su FB degli iscritti è solitamente assidua, costante, continua. Perlopiù quotidiana. Chi comincia ad assentarsi viene presto dimenticato. Nessuno si chiede pubblicamente che ne è stato del tale che fino a qualche settimana fa aveva ogni giorno qualcosa da dire su tutto lo scibile umano. È morto, sta male, ha rinnegato la comunità della quale faceva orgogliosamente parte? Comunque sia, va dimenticato; come se parlare di una defezione volesse dire interrogarsi sulla natura profonda del mezzo; sul suo senso o non senso; sul flusso di parole e immagini che da quindici anni non smette di autoalimentarsi.
Un vero fedele della piattaforma scrive ogni giorno un post, anche brevissimo, anche di una sola frase, meglio se sarcastico o ironico, ma va bene anche lo sfogo sintetico, al limite l’insulto rivolto a una categoria (i politici en masse) o a una singola personalità pubblica di cui non si condivide l’ultima dichiarazione o decisione (se uomo di potere, per esempio un ministro).
È la traccia, il graffio, l’alzata di mano che segnala la presenza: sono qui, non manco, dico anch’io la mia, ho visto, ho sentito, posso testimoniare per il presente e il futuro.
L’iscritto assiduo vive nella vita reale portandosi dietro due ombre: quella del proprio corpo, e quella di FB. Se parte per un viaggio, si fotografa o fotografa il piatto che sta mangiando nella trattoria tipica; lo scatto o l’autoscatto sono un prolungamento della piattaforma che fanno circolarmente ritorno alla piattaforma, dove acquistano l’unica forma di esistenza possibile, quella pubblica, e finalmente si inverano, nel senso che raggiunge la verità alla quale era destinato.
Molti filmano quello che stanno facendo (gita nel bosco, manifestazione di protesta, incontro con l’autore), perché “la vita in diretta”, la vita che si raddoppia nel momento stesso in cui vive prende subito il sapore dell’evento, diventa storia senza dover aspettare la lenta stagionatura degli anni. Parafrasando, “la vita è qualcosa che ti accade mentre sei impegnato a trasformarla in immagine”, in attesa – breve – di vedere quanti “mi piace” ha collezionato.
E allora la domanda è: dove si è davvero presenti, su FB o nella vita? Viviamo nella realtà perché non possiamo ancora vivere esclusivamente su Fb? E ancora: che vita fanno quelli che compaiono sei, sette volte al giorno sulla piattaforma? O meglio: vivono? Troppe domande. E nessuna risposta. Ma bisogna pur cominciare.
Vero (Verità) La verità fa male. La verità è rivoluzionaria. La verità è dialogica. No, la verità è uno svelamento, una luce che abbaglia. Su FB il vero e il falso convivono. Il falso passa per vero fino a quando non viene smentito dall’autorità di un opinionista di indiscussa autorevolezza. Ma intanto la menzogna ha circolato, è stata ripetuta, ha avuto il tempo di prendere posto nelle menti di migliaia di utenti che non sono in grado di leggerla per quello che è: una bufala, un’invenzione, un ballon d’essai che ha lo scopo di saggiare le reazioni di una certa porzione di opinione pubblica, o di una lobby.
La verità della piattaforma è una categoria instabile, mutevole, oggetto di un dibattito quasi sempre disordinato, passionale, che non riesce a mettere da parte insofferenze e pregiudizi. Non che siano assenti i confronti di segno opposto, ma sono più rari, e durano poco, e presto le opinioni si accavallano e la confusione prevale.
Il mezzo ha una natura assertiva, si presta meglio al proclama, all’affermazione apodittica, all’esortazione che si chiude nell’arco di una decina di righe. La verità o, più prosaicamente, le cose come a un di presso stanno, su FB tende formalmente al dialettico ma inclina per essenza al monologo, alla sentenza. L’unica verità indiscutibile è quella del post con il quale ti racconto la mia giornata a scuola o in ufficio con al centro un aneddoto per me significativo.
È la verità del diario, dell’io che si mette in scena e costruisce giorno dopo giorno la sua identità; un’identità narrativa, quindi più vivace e accattivante, che gli amici sono chiamati a commentare e approvare, poiché senza riscontro il mio parlare sarebbe vano e il mio diario in pubblico ridiventerebbe privato, segreto, “novecentesco”, insomma.
“Sì, hai ragione, è proprio così” mi aspetto e spero che mi dicano, in un costante rispecchiamento del simile nel simile, in una catena potenzialmente interminabile di esternazioni e contro esternazioni. Io sono vero. O almeno io propongo il mio incontestabile discorso di verità che riguarda prima di tutto la mia persona. Che può anche essere una “maschera”. Ma chi ha la voglia – e l’impudenza – di dirlo?
Virtuale Virtuale è ciò che (ancora?) non è reale; o ciò che simula la realtà sapendo però che non potrà mai definitivamente surrogarla. È il sostituto momentaneo velato di nostalgia. Una cosa finta al posto di quella vera. Potremmo dire che è la realtà senza gli spigoli e la durezza del reale. (O meglio, ci sono ma sono facilmente aggirabili). Facebook non è la vita ma il suo simulacro; lo specchio digitale in cui la nostra vita si riflette e si osserva. È una vetrina affollata di scritture e di volti, il luogo dove la vita si trascrive, si trasfigura, si mette in mostra ed esibisce le sue virtù e le sue note caratteristiche.
Ma che ne è del virtuale, per dirla con una formula filosofica, se la mia vita è priva dell’altra faccia, della cosa reale; se il fenomeno che devo trascrivere o mettere in vetrina è quasi assente o del tutto assente? Ma è ipotizzabile un’esistenza completamente disincarnata, un’esistenza così sottile da non poter avere altro luogo se non la piattaforma digitale? Sembra di no.
Anche i maniaci di FB hanno una vita carnale; mangiano passeggiano fanno la spesa hanno mal di stomaco. Eppure si ha la sensazione che il confine tra i due mondi tenda a sfumare. Che l’interscambio frequente trasformi la vita e la piattaforma, che una nutra l’altra e viceversa. “L’ho messo su FB”. “Mettilo su FB”. “Mettiamolo su FB”. Frasi consuete che indicano una presenza costante, l’ombra di cui abbiamo già parlato.
Manca “Viviamolo su FB”. O: “Facciamolo per FB”, ossia, facciamo tutti insieme in modo che la piattaforma continui a vivere, a prosperare, a farci sperare in un mondo integralmente visibile e leggero, dove un pollice che punta in alto e una faccina che sorride non manchino mai.
Vita È l’ultima parola. Ma anche la prima. Senza vita niente FB. E senza FB? Ancora vita. Pur sempre vita. Anche se non la stessa: indietro non si torna. Ma a quanto pare la vita è sempre altrove, in un posto dove vorremmo ma non possiamo essere. Però c’è sempre uno che ci va per noi, e ce lo racconta, con parole e immagini. “La vita” diceva Lennon, nell’originale della frase che abbiamo parafrasato sopra, “è qualcosa che ti accade mentre sei impegnato a fare altro”. Cosa? Per esempio pubblicare sul tuo social preferito l’ultimo selfie nel quale, alle tue spalle, si stagliano ben visibili il ponte di Rialto e la laguna. E mentre sorridi davanti al rettangolo dello smartphone, ti chiedi: piacerà ai miei amici?
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