
IL FRONTE CULTURALE
CONTRO LA MACCHINA DELLA NARRAZIONE
A proposito del Trattato di anatomia emozionale
di Marta Aiello 13 settembre 2019
CONTRO LA MACCHINA DELLA NARRAZIONE
A proposito del Trattato di anatomia emozionale
di Marta Aiello 13 settembre 2019
Ci insegnano che le emozioni sono astratte, confinano con i sentimenti e li precedono, sono più estemporanee, sono volatili. Pertengono all’indistinto dell’inconscio, la nostra zona d’ombra, quella che sfugge anche al più saldo autocontrollo e sono pertanto evanescenti, composte della stessa materia di cui son fatti i sogni. Eppure si annidano nella nostra massa corporea, generano furori tutt’altro che astratti e producono effetti un bel po’ fisici: ci scolorano il viso, ci muovono al pianto o al riso, ci spremono umori, lacrime, secrezioni, sudori, liquidi seminali nella palude del sesso che ci si squaglia in mezzo alle gambe e ci procurano tremori, emicranie e brividi, eccessi di salivazione, disturbi di stomaco, accelerazioni del ritmo cardiaco pompato dai sommovimenti del sangue.
Insomma, quando entrano impulsi dalla realtà e attraversano il filtro della nostra carne, ecco che le emozioni diventano materiche. E la materia che è per suo visibile e tangibile si fa immagine, passibile cioè di un’iconografia, si può dunque rappresentare.
È questo il senso del Trattato di anatomia emozionale (pubblicato adesso da Lunaria), frutto dell’intelligenza di Andrea Pennisi che ne firma i testi visionari, impreziositi da effetti di accumulazione retorica funzionali ad ottenere effetti del tipo della ‘vertigine della lista’, pirotecnica verbale e spassosa aulicità, che vanno proprio in netta controtendenza con la nostra epoca dominata per lo più da narrazioni a bassissima densità stilistica in cui predomina l’aspetto della costruzione della storia. Narrazioni in cui si guarda più al perfetto funzionamento della macchina della scrittura che alla sua carrozzeria (come se anche quella invece, a volerci mantenere dentro la metafora, non costituisse un elemento determinante a decidere se abbiamo davanti un’auto di lusso o un macinino…!).
A corredarlo di raffinate tavole illustrative è Virginia Caldarella che si allinea alla grande tradizione inaugurata da Leonardo da Vinci il quale, con fine intuizione didattica, sovvertì lo schema dei trattati di anatomia (che al suo tempo erano soprattutto scritti) e li tradusse in immagini esplicative: “e tu che vogli con parole dimostrare la figura dell’omo con tutti gli aspetti della sua membrificazione, removi da te tale opinione, perché quanto più minutamente descriverai, tanto più confonderai la mente del lettore e più lo rimoverai dalla cognizione della cosa descritta”.
Muovendosi infatti sulla falsariga del trattato di anatomia artistica che Leonardo aveva in pectore di comporre e che rimase solo un asistematico progetto, gli autori affidano al personaggio immaginario di Melanio da Colìa, sedicente scienziato ‘erudito di mali e terapie emozionali’, il compito di ideare un trattato pseudoscientifico che vorrebbe tracciare una ‘mappa dei Moti di core e dei loro inconvenienti anatomici’, un gioco letterario, ‘un’invenzione sulle amabili faccende d’amor, ispirata dalla magia e dal sogno, col giuoco della parola e l’arte del disegnar, unendo il ludico al dilettevole’. Come lo fa? Trascegliendo alcuni automatismi del linguaggio (‘avere le farfalle nello stomaco’, o ‘i tarli della mente’, ‘sentire un nodo alla gola’, avere ‘un cuore di pietra’, ‘la lingua biforcuta’, ‘ingoiare il rospo’), e attivando quel processo che compete solo alla poesia: reinverginare le parole sovvertendone i rapporti di senso e lasciando ‘fraintendere’ a bella posta, (nel senso di lasciar ‘intendere fra’ le parole) scovandone il significato più interno e recondito. Nel contempo, raffigurando quelle espressioni meccaniche stricto sensu, riducendole cioè all’orizzonte semantico letterale, de-metaforizzandole e paradossalmente restituendocele rinnovate.
Un’operazione eminentemente poetica di scarto dalla norma linguistica è infatti questo pregevole albo che si diverte a parafrasare e miscelare Ippocrate e Galeno, Paracelso e Calvino (‘l’Italo’) e a riproporre in salsa patafisica l’antico dilemma del binomio anima-corpo che fin dall’ellenismo e dalla sua filiazione culturale latina, passando per la tradizione medievale animata dal dibattito sulla legittimità della dissezione dei cadaveri, giunge al nostro tempo di neo-illuminismi e razionalismi scientisti da compensare sempre con fantasticherie e trasognamenti. Nato come progetto multimediale e pubblicato da Lunaria, la casa editrice appena nata dall’anima dell’associazione culturale Gammazita ormai da anni radicata nel territorio di Catania, Trattato di anatomia emozionale è un esperimento di scrittura mescidata, poesia per immagini, contaminazione dei linguaggi, che si interroga e ci interroga sul futuro della letteratura e sulle sue ibridazioni. Si sa, il linguaggio letterario che è in continuo divenire poiché inevitabilmente ha una componente mimetica, è cambiato, e i nuovi apporti derivano certamente dai social (non a caso fra i giovani Instagram, un social sostanzialmente iconico, ha soppiantato Facebook in cui la comunicazione di carattere verbale e dunque più ‘mediata’ in qualche misura ancora prevale); ma riceve soprattutto l’influenza dei nuovi codici della serialità televisiva. A differenza infatti di quanto avveniva nei decenni passati in cui le fiction tv pur nei casi migliori restavano comunque di qualità mediocre quando non scadente (con l’eccezione magari di quei pochi sceneggiati Rai o Mediaset in cui venivano impiegati autori, registi e attori più provveduti), oggi al contrario vantano un livello tecnicamente sorprendente. Questa nuova abitudine ad un linguaggio iconografico che appare di indiscussa qualità crea la domanda da parte del pubblico di spettatori, ma anche di lettori, di una letteratura ancora più visiva, un processo questo che non è nuovo, (lo possiamo osservare almeno dagli anni ’70), e che però oggi si confronta con immaginari collettivi assai più raffinati ed esigenti di allora.
Una letteratura corredata dunque di immagini per nulla didascaliche ma che semmai potenziano ulteriormente il testo scritto, in un rapporto osmotico fra parola e immagine, ecco cosa chiede il nuovo lettore. Non a caso anche nella scuola oggi l’utilizzo delle Graphic Novels, non più prodotto di consumo come il fumetto suo antenato ma nuova forma artistica a tutti gli effetti, trionfa ed è accostato alla lettura dei grandi classici della letteratura.
Un ‘nuovo Medioevo’, lamentano i detrattori riducendo la questione all’imperante analfabetismo che necessita del corredo iconografico a supplire al vuoto di conoscenze; ma forse invece semplicemente una visione della letteratura più integrata e complessa, che tocchi livelli differenti della persona e che rispecchi un’epoca come la nostra dove l’esperienza della fruizione artistica smette di essere singola e più spesso diventa plurale, multisensoriale, a patto che la qualità ci sia.
Trattato di anatomia emozionale è un’operazione attraente e fantasmagorica, giocosa e non ingenua che va proprio in questa direzione perché appunto si vale della lussuosa veste grafica con cui questa nuova casa editrice catanese Lunaria, fa il suo trionfale ingresso nella comunità editoriale.
Una scommessa intelligente e coraggiosa, frutto maturo di quel laboratorio di sogni che è la realtà culturale catanese del Gammazita.
Insomma, quando entrano impulsi dalla realtà e attraversano il filtro della nostra carne, ecco che le emozioni diventano materiche. E la materia che è per suo visibile e tangibile si fa immagine, passibile cioè di un’iconografia, si può dunque rappresentare.
È questo il senso del Trattato di anatomia emozionale (pubblicato adesso da Lunaria), frutto dell’intelligenza di Andrea Pennisi che ne firma i testi visionari, impreziositi da effetti di accumulazione retorica funzionali ad ottenere effetti del tipo della ‘vertigine della lista’, pirotecnica verbale e spassosa aulicità, che vanno proprio in netta controtendenza con la nostra epoca dominata per lo più da narrazioni a bassissima densità stilistica in cui predomina l’aspetto della costruzione della storia. Narrazioni in cui si guarda più al perfetto funzionamento della macchina della scrittura che alla sua carrozzeria (come se anche quella invece, a volerci mantenere dentro la metafora, non costituisse un elemento determinante a decidere se abbiamo davanti un’auto di lusso o un macinino…!).
A corredarlo di raffinate tavole illustrative è Virginia Caldarella che si allinea alla grande tradizione inaugurata da Leonardo da Vinci il quale, con fine intuizione didattica, sovvertì lo schema dei trattati di anatomia (che al suo tempo erano soprattutto scritti) e li tradusse in immagini esplicative: “e tu che vogli con parole dimostrare la figura dell’omo con tutti gli aspetti della sua membrificazione, removi da te tale opinione, perché quanto più minutamente descriverai, tanto più confonderai la mente del lettore e più lo rimoverai dalla cognizione della cosa descritta”.
Muovendosi infatti sulla falsariga del trattato di anatomia artistica che Leonardo aveva in pectore di comporre e che rimase solo un asistematico progetto, gli autori affidano al personaggio immaginario di Melanio da Colìa, sedicente scienziato ‘erudito di mali e terapie emozionali’, il compito di ideare un trattato pseudoscientifico che vorrebbe tracciare una ‘mappa dei Moti di core e dei loro inconvenienti anatomici’, un gioco letterario, ‘un’invenzione sulle amabili faccende d’amor, ispirata dalla magia e dal sogno, col giuoco della parola e l’arte del disegnar, unendo il ludico al dilettevole’. Come lo fa? Trascegliendo alcuni automatismi del linguaggio (‘avere le farfalle nello stomaco’, o ‘i tarli della mente’, ‘sentire un nodo alla gola’, avere ‘un cuore di pietra’, ‘la lingua biforcuta’, ‘ingoiare il rospo’), e attivando quel processo che compete solo alla poesia: reinverginare le parole sovvertendone i rapporti di senso e lasciando ‘fraintendere’ a bella posta, (nel senso di lasciar ‘intendere fra’ le parole) scovandone il significato più interno e recondito. Nel contempo, raffigurando quelle espressioni meccaniche stricto sensu, riducendole cioè all’orizzonte semantico letterale, de-metaforizzandole e paradossalmente restituendocele rinnovate.
Un’operazione eminentemente poetica di scarto dalla norma linguistica è infatti questo pregevole albo che si diverte a parafrasare e miscelare Ippocrate e Galeno, Paracelso e Calvino (‘l’Italo’) e a riproporre in salsa patafisica l’antico dilemma del binomio anima-corpo che fin dall’ellenismo e dalla sua filiazione culturale latina, passando per la tradizione medievale animata dal dibattito sulla legittimità della dissezione dei cadaveri, giunge al nostro tempo di neo-illuminismi e razionalismi scientisti da compensare sempre con fantasticherie e trasognamenti. Nato come progetto multimediale e pubblicato da Lunaria, la casa editrice appena nata dall’anima dell’associazione culturale Gammazita ormai da anni radicata nel territorio di Catania, Trattato di anatomia emozionale è un esperimento di scrittura mescidata, poesia per immagini, contaminazione dei linguaggi, che si interroga e ci interroga sul futuro della letteratura e sulle sue ibridazioni. Si sa, il linguaggio letterario che è in continuo divenire poiché inevitabilmente ha una componente mimetica, è cambiato, e i nuovi apporti derivano certamente dai social (non a caso fra i giovani Instagram, un social sostanzialmente iconico, ha soppiantato Facebook in cui la comunicazione di carattere verbale e dunque più ‘mediata’ in qualche misura ancora prevale); ma riceve soprattutto l’influenza dei nuovi codici della serialità televisiva. A differenza infatti di quanto avveniva nei decenni passati in cui le fiction tv pur nei casi migliori restavano comunque di qualità mediocre quando non scadente (con l’eccezione magari di quei pochi sceneggiati Rai o Mediaset in cui venivano impiegati autori, registi e attori più provveduti), oggi al contrario vantano un livello tecnicamente sorprendente. Questa nuova abitudine ad un linguaggio iconografico che appare di indiscussa qualità crea la domanda da parte del pubblico di spettatori, ma anche di lettori, di una letteratura ancora più visiva, un processo questo che non è nuovo, (lo possiamo osservare almeno dagli anni ’70), e che però oggi si confronta con immaginari collettivi assai più raffinati ed esigenti di allora.
Una letteratura corredata dunque di immagini per nulla didascaliche ma che semmai potenziano ulteriormente il testo scritto, in un rapporto osmotico fra parola e immagine, ecco cosa chiede il nuovo lettore. Non a caso anche nella scuola oggi l’utilizzo delle Graphic Novels, non più prodotto di consumo come il fumetto suo antenato ma nuova forma artistica a tutti gli effetti, trionfa ed è accostato alla lettura dei grandi classici della letteratura.
Un ‘nuovo Medioevo’, lamentano i detrattori riducendo la questione all’imperante analfabetismo che necessita del corredo iconografico a supplire al vuoto di conoscenze; ma forse invece semplicemente una visione della letteratura più integrata e complessa, che tocchi livelli differenti della persona e che rispecchi un’epoca come la nostra dove l’esperienza della fruizione artistica smette di essere singola e più spesso diventa plurale, multisensoriale, a patto che la qualità ci sia.
Trattato di anatomia emozionale è un’operazione attraente e fantasmagorica, giocosa e non ingenua che va proprio in questa direzione perché appunto si vale della lussuosa veste grafica con cui questa nuova casa editrice catanese Lunaria, fa il suo trionfale ingresso nella comunità editoriale.
Una scommessa intelligente e coraggiosa, frutto maturo di quel laboratorio di sogni che è la realtà culturale catanese del Gammazita.
Lascia un commento