di Marcello Benfante
Il 2015, che già ci sembra lontanissimo, è stato l’anno delle celebrazioni per il centenario della nascita di Roland Barthes. Si sa che in questo tipo di ricorrenze ufficializzate c’è sempre il rischio dell’imbalsamazione accademica. O peggio ancora, forse, quello della banalizzazione mediatica nella grande kermesse di quella che una volta si diceva l’industria culturale. Con una boutade non del tutto frivola potremmo dire che Roland Barthes è ormai un “mito d’oggi”. In un senso talora banalizzato (su cui già ironizzava Guccini nel ’76: “Ma pensa se le canzonette me le recensisse Roland Barthes!”). E anche in un senso più profondo e contraddittorio, che deve fare i conti col fatto che la stessa mitologia si è mitizzata e che ogni discorso contro gli stereotipi è divenuto esso stesso uno stereotipo. Sono sospetti e riserve che sfiorano per un attimo Gianfranco Marrone, docente di Semiotica all’Università di Palermo, che al grande linguista e semiologo francese scomparso nel 1980 ha dedicato numerosi lavori, ai quali ora si aggiunge questo prezioso Roland Barthes: parole chiave (Carocci, pagine 244, euro 19). “Occasione sprecata, dunque?”, questa scontata ma doverosa celebrazione, si domanda retoricamente Marrone, subito scartando l’ipotesi. Molte cose interessanti sono emerse ancora (insieme alle immancabili retoriche congressuali) su questo “personaggio unico nella storia culturale del Novecento”, di cui si è tanto scritto e detto, ma “che ha ancora parecchio da insegnarci”. A patto però, avverte Marrone, di evitare tre perniciose tendenze critiche: il “biografismo esasperato”, cioè la riconduzione semplificatoria dello sguardo scientifico di Barthes a una sorta di soggettivismo ipertrofico in cui il fatto privato subordina l’elemento teorico; lo “storicismo sterile”, ovvero la ipostatizzazione diacronica del sincronismo rivendicato da Barthes; e infine “l’estetizzazione forzata”, ossia l’approccio prevalentemente stilistico e formale alla sua opera nell’intento di inserirla nell’alveo di una rassicurante tradizione letteraria. V’è pure una quarta tendenza da evitare, implicita e pertanto ancora più insidiosa: la frammentazione, più o meno emulativa (sulla falsariga del suo “discours amoureux”), di un corpus testuale non sistemico ma pure non parcellizzabile. Gianfranco Marrone ha concepito allora una sorta di saggio-matrioska che incanala la problematicità barthesiana in un reticolo di “attraversamenti progressivi, accostamenti molteplici, elenchi sovrapposti di idee e modelli”. La forma che prende tale complesso tentativo è quella del lemmario (o sillabario, potremmo dire con Parise). Cioè di una messa a confronto e in relazione di una serie di parole chiave che stabiliscono tra loro modi trasversali di lettura e/o di integrazione reciproca, di “contrappunto”. Un cruciverba, insomma, sebbene inteso diversamente da quello sciasciano, che invita il lettore a un’esplorazione orizzontale e verticale, in una spola continua tra un riferimento e l’altro. Si tratta di una metodologia impegnativa che comporta lo scardinamento di un itinerario unidirezionale di scrittura e di lettura, consentendo invece svariati “camminamenti interni” e forse perfino la possibilità di smarrirsi all’interno di un labirinto di infinite corrispondenze. Da Albero (del crimine e del sapere) a Utopia – passando per Autore, Critica, Denotazione, Grado zero, Madre, Moda, Nouvelle critique, Piacere, Racconto, Segno, Teatro, per citare soltanto una possibile sequenza di stazioni – sono ben cinquantatré le voci che ci propone Gianfranco Marrone in una specie di illuminante gioco dell’oca strutturalista che si presta sia a una prima scoperta del pensiero di Roland Barthes, sia a una riconsiderazione complessiva della sua opera con un percorso di rimandi esponenziali a venticinque fondamentali saggi. Con una scrittura molto lucida e precisa, Marrone ci consegna un testo “aperto”, insieme analitico e sintetico, che nello stesso tempo è un contributo saggistico pregnante e un omaggio a una delle figure più affascinanti di una lunga e indimenticata stagione culturale a cavallo del Sessantotto.
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Marzo 2021
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