FINCANTIERI: RIEN NE VA PLUS?
10/6/2015
Scritto da Frank Ferlisi 10 giugno 2015
Trent’anni fa le vicende dei Cantieri Navali coinvolgevano larghe fette dell’opinione pubblica palermitana, ma oggi non è più così, per varie ragioni che non è qui il caso di affrontare; tuttavia, piaccia o meno, i cantieri restano l’attività produttiva più grande della provincia di Palermo dopo la chiusura dello stabilimento Fiat di Termini Imerese. Le maestranze non sono più quelle degli anni Sessanta (tra operai dello stabilimento più ditte d’appalto, vi lavoravano oltre tremila persone), ma dopo anni difficili durante i quali la Fincantieri parlava di chiusura degli impianti e di abbandono dello stabilimento, oggi, per fortuna e per le intense lotte degli operai, la Fincantieri ha affidato a Palermo lavori importanti che dovrebbero assicurare lavoro per oltre un anno. Va ricordato che un piano di riqualificazione urbana che avrebbe dovuto essere approvato dal Consiglio comunale di Palermo e che prevedeva la trasformazione della ex Manifattura Tabacchi e di edifici che insistono sul cantiere in alberghi di lusso, centri commerciali, perfino un casinò, è stato cancellato dal sindaco Orlando. Ma questo progetto (pare finanziato da ricchi sauditi) aleggia ancora sul cantiere, purtroppo. Lo si è visto con la scelta sciagurata e incomprensibile dell’Assemblea Regionale Siciliana che, in sede di approvazione del bilancio, ha stralciato il finanziamento per la costruzione di un nuovo bacino di carenaggio, essenziale per il proseguire delle attività dello stabilimento palermitano. Il nuovo bacino di carenaggio, per il quale Fincantieri ha stanziato settanta milioni di euro, servirà, tra l’altro, alla costruzione di bacini off-shore; mentre i due già esistenti, più piccoli, verranno ristrutturati. Se non si dovesse procedere a questi lavori, i cantieri palermitani perderebbero la loro ragion d’essere e verrebbero abbandonati da Fincantieri, tra i cui dirigenti c’è sempre qualcuno che usa a mo’ di minaccia il ragionamento del numero eccessivo di stabilimenti dell’azienda. La decisione dello stralcio è frutto di un voto trasversale che denuncia la probabile esistenza, tra i parlamentari siciliani, di una lobby che vede i cantieri come ostacolo a una grandiosa operazione speculativa. Operazione che stravolgerebbe un intero quartiere popolare che vede la presenza di un vasto mercato che impiega diverse centinaia di persone. Inoltre Palermo perderebbe la sua unità produttiva più grande e prestigiosa, nata, per iniziativa della famiglia Florio, nel 1897. Operazione speculativa che favorirebbe il riciclo di grossi capitali mafiosi sempre pronti a buttarsi su operazioni di grande portata. In questa vicenda si innescano tensioni derivate dalla denuncia degli accordi integrativi aziendali con conseguente perdita sul salario da parte di tecnici e operai (mediamente 70,00 € mensili) mentre ai dirigenti sono stati elargite decine di milioni per premi e altro. Le maestranze di tutti gli stabilimenti sono in stato d’agitazione e vengono proclamati interruzioni del lavoro, scioperi e assemblee. Gli operai di Palermo sono in lotta per due ragioni, come abbiamo visto, e lo sono in perfetta solitudine in quanto la città sembra disinteressarsi della questione e l’unico partito politico che si è schierato visibilmente con gli operai è stato Rifondazione Comunista. Che volete? Gli operai sono passati di moda, mentre avanza con la forza di uno tsunami la desertificazione produttiva nel meridione del paese, con la conseguenza di un rafforzamento del modo di accumulazione mafioso al di là di tutte le dichiarazioni ipocrite di imprenditori, politici, intellettuali, giornalisti. Da questo punto di vista, lo stabilimento dei cantieri di Palermo è un ostacolo e un fastidio. Come si vede, la difesa dell’esistenza dello stabilimento palermitano è un fatto di portata strategica, intorno al quale si gioca la futura identità di questa bella ma terribile città.
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