DOBBIAMO POTER DISCUTERE DI TUTTO - Per Marcel Trillat, in memoriam (04/04/1940-18/09/2020)
1/11/2020
di Rosella Saetta Cottone
[Il punto di partenza di questo articolo è stato un’intervista a Philippe Laïk e a Colette Djidou, amici di Marcel Trillat per più di 50 anni, realizzata il 3 e l’11 Ottobre 2020. Le altre fonti di riferimento sono : il film documentario in due parti L’Atlantide. Une histoire du communisme realizzato da Maurice Failevic e Marcel Trillat (Rouge Production, 2011), il documentario Marcel Trillat, portrait realizzato da Tangui Perron e Philippe Troyon (2008), la serie di documentari su Marcel Trillat realizzata da Jeanne Menjoulet, che comprende: Entretiens 2016-2018. Au temps de la guerre d’Algérie, Marcel Trillat, journaliste de télévision à ‘5 colonnes à la une’ (2019), Marcel Trillat, Les années 1968 (2019), e Histoire du communisme. À propos de l’Atlantide (2019)] 17 Ottobre 1981, telegiornale delle 20:00 sul secondo canale della televisione nazionale. Il giornaliste giscardiano Patrick Poivre d’Arvor introduce il servizio che il giornalista Marcel Trillat, recentemente nominato capo del settore « società » di France2, ha realizzato per commemorare i fatti del 17 Ottobre 1961. È la prima volta che un media pubblico osa soffermarsi francamente su questo episodio oscuro della storia francese, legato alla guerra d’Algeria : la repressione cruenta e metodica di una manifestazione di Algerini contro il coprifuoco razzista decretato dal governo di Michel Debré allo scopo di limitare le possibilità di incontro di coloro che lottavano per l’indipendenza del loro Paese. All’ora stabilita per l’inizio del coprifuoco, 30.000 Algerini venuti dalle periferie erano usciti dalle bocche dei metro e avevano sfilato silenziosamente lungo i boulevard della capitale, prima di essere bloccati dalla polizia. In un’atmosfera di calma agghiacciante, davanti ai parigini testimoni complici o silenziosi, i poliziotti agli ordini del prefetto Maurice Papon[1] li avevano picchiati, poi gettati nella Senna, dove in parecchi erano annegati. La sera stessa, circa 12.000 manifestanti erano stati arrestati poi condotti al Palazzo dello sport e al Salone delle esposizioni della Porta di Versailles, dove erano stati mantenuti in condizioni inumane per tre giorni, allo scopo di essere interrogati. Per alcuni di loro il viaggio era finito alla prefettura di polizia, dove si dice che 50 donne e uomini avessero trovato la morte. L’indomani, il ministro degli interni, supportato dai media dell’epoca, aveva annunciato il bilancio di due morti e 64 feriti, mentre l’istituto medico-legale aveva recensito 60 cadaveri di Algerini. Ma il Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) aveva finito per lamentare un totale di 200 morti e 400 dispersi. La data di diffusione di questo servizio è significativa per diverse ragioni. 1981 è l’anno dell’elezione di François Mitterrand alla presidenza della Repubblica, quindi anche della riunificazione della sinistra francese dopo la rottura che aveva opposto comunisti e socialisti durante la guerra d’Algeria. Di fatto, nel 1981, il presidente Mitterrand non avrebbe vinto le elezioni senza il sostegno attivo dei comunisti e dei radicali di sinistra in seno al « Programma comune ». Per molti di loro non è stato facile partecipare a questa impresa elettorale, in particolare per quelli, come Trillat, entrati nel PCF proprio a causa della loro opposizione alla guerra d’Algeria. Anche se il dissenso tra comunisti e socialisti aveva cominciato a manifestarsi già nel 1948, quando il ministro socialista degli interni Jules Moch aveva inviato i carri armati nel Nord per soffocare uno sciopero di minatori[2], è solo con la guerra d’Algeria che il dialogo tra le due componenti principali della sinistra francese diventa difficile anzi impossibile. Il punto di non-ritorno era stato raggiunto già nel 1956, due anni dopo l’inizio della guerra, quando dopo avere ottenuto dei « poteri speciali » con il sostegno dei comunisti, grazie alla promessa di mettere fine ad una guerra « imbecille e senza via d’uscita », il capo del governo socialista Guy Mollet aveva ceduto alle pressioni dei francesi d’Algeria e aveva tradito le promesse, raddoppiando i suoi sforzi nella guerra contro gli indipendentisti. Nei mesi seguenti il ministro della Giustizia François Mitterrand sarebbe stato favorevole alle ghigliottine contro i patrioti algerini. Il servizio realizzato da Trillat per il telegiornale del 17 Ottobre 1981 significa dunque molte cose : non solo un richiamo alla memoria collettiva dei crimini coloniali, ma anche il ricordo di una ferita ancora aperta nel corpo della sinistra pur riunita, e infine l’impegno del suo autore per una informazione libera, nel momento della sua piena reintegrazione all’interno del servizio pubblico dell’informazione. In effetti, il programma comune di governo che aveva condotto Mitterrand al potere, stipulando che la libertà di espressione sarebbe stata acquisita definitivamente dalle televisioni e le radio del servizio pubblico, aveva permesso di reintegrare circa 100 giornalisti – tra i quali Maurice Trillat - che solo due mesi dopo il Maggio ‘68 avevano pagato lo scotto della loro partecipazione al movimento. La parola d’ordine dei giornalisti nelle manifestazioni del ‘68 era stata appunto « Libertà di informazione e di espressione ». In tal modo, i responsabili dell’informazione impegnati nella rivolta avevano agito una doppia rivendicazione, quella di poter informare liberamente i loro concittadini, e quella di poter esprimere le loro idee attraverso altre forme di linguaggio : il disegno per esempio. Nei fatti, il ‘68 sarà la radice comune di una pluralità di esperienze giornalistiche, tra cui è possibile annoverare la creazione di Charlie Hebdo. Per Trillat, che aveva scelto il suo mestiere per fedeltà agli ideali della Resistenza ereditati da suo padre —un contadino socialista dell’Isère che era stato partigiano nel Vercors—, « Libertà di informazione e di espressione » significava soprattutto due cose : che la sua ragion d’essere, in quanto giornalista, era di nuocere ai potenti[3] ; che il suo contributo più importante, in quanto uomo di sinistra, era di adoperarsi per l’unione nel pluralismo, poiché « Dobbiamo poter discutere di tutto ! »[4], i due atteggiamenti trovando una conciliazione naturale nel sostegno continuo che egli apportò alle lotte dei lavoratori attraverso i suoi servizi e i suoi film documentari. Per tutte queste ragioni, nel ’68 Trillat non si era fidato del « separatismo » dei gruppi di estrema sinistra e aveva preferito la strategia di alleanza con il PS sostenuta dal partito comunista, essendo contemporaneamente molto vicino alla Confederazione Generale del Lavoro (CGT) ; per le stesse ragioni, nel 1987, valutando che le condizioni di un dialogo interno non fossero più presenti, aveva abbandonato il PCF, senza per questo rinnegare il suo impegno politico, fino alla morte. In tal modo, egli prendeva le distanze dalla fedeltà acritica verso la politica dell’URSS esaltata dalla direzione del partito, opponendole i principi di un comunismo europeista, come quello incarnato da Enrico Berlinguer e in modo diverso da Alexandre Dubcek - l’ispiratore della primavera di Praga - o quelli del socialismo umanista di Salvador Allende[5]. Uno dei risultati di questa messa in discussione è stato il film documentario L’Atlantide. Une histoire du communisme , realizzato con il collega e amico di lunga data Maurice Failevic (Rouge Production, France2), sguardo incrociato di due militanti che vanno incontro ad altri militanti, scelti come testimoni di una storia colettiva e plurale, in cui la questione dei rapporti con Mosca attraversa gli eventi più salienti: dal congresso di Tours, nel dicembre 1920, al Fronte popolare, dalla Resistenza alle guerre coloniali, dall’Ungheria a maggio '68 e alla Primavera di Praga. Se si volesse presentare l’opera di Trillat ad un pubblico che non la conosce ancora si potrebbe dire che essa ha cercato di mostrare ciò che gli altri non volevano vedere e di dire ciò che gli altri non volevano ascoltare, allo scopo di contribuire alla riunificazione della sinistra. Per quanto riguarda i servizi televisivi, oltre a quello per il telegiornale del 17 Ottobre 1981 già evocato, si potrebbe mostrare quello per il telegiornale dell’8 febbraio 1982 per commemorare la repressione poliziesca di una manifestazione contro la guerra d’Algeria e contro l’OAS[6], che era costata la vita di 9 manifestanti presso la stazione del metro Charonne ; o ancora quello del gennaio 1991, realizzato in qualità di inviato speciale di France2 in Iraq, quando egli aveva denunciato in diretta la censura praticata dalle autorità militari americane contro i giornalisti stranieri (in seguito a questo servizio verrà trasferito a Mosca come corrispondente, allo stesso modo in cui, nel 1986, era stato trasferito a Roma dalla destra ritornata al potere). Sul versante dei film documentari, oltre il già menzionato L’Atlantide. Une histoire du communisme già menzionato, è da vedere Étranges étrangers [7] (Crepac, 1970, regia di Trillat e di Frédéric Variot), che ricostruisce la rete di accordi taciti tra i paesi esportatori di manodopera, i padroni e il governo francese per ammassare i lavoratori stranieri nelle bidonville, prendendo come punto di partenza la morte per asfissia di 5 lavoratori africani avvenuta nell’inverno 1969/70 in un centro di accoglienza ad Aubervilliers. E soprattutto la trilogia dedicata al mondo del lavoro, composta da 300 jours de colère (2002), Les Prolos (2002) e Femmes précaires (2005), che analizza la deteriorazione delle condizioni di lavoro nell’epoca della mondializzazione, focalizzandosi in particolare su due armi a disposizioni dei nuovi padroni e che servono ad annullare le conquiste sociali degli anni passati, ossia il subappalto e l’interim. Una cosa che sarebbe forse importante ricordare nell’ambito di una retrospettiva su Trillat è che un’opera come la sua incappa necessariamente nella censura, di destra come di sinistra. Per il primo tipo di censura, un esempio eloquente potrebbe essere quello del servizio 1er Mai à Saint Nazaire , realizzata il primo maggio 1967 nella città di Saint Nazaire, alla fine di uno sciopero storico di tre mesi condotto dagli operai dei cantieri dell’Atlantique e di Sud-Aviation. Alla vigilia della festa, i padroni avevano ceduto alle richieste dei lavoratori per paura che il movimento, sostenuto dalla solidarietà dei contadini, dei pescatori e dei commercianti della regione, si amplificasse (« eravamo già alla vigilia del ‘68 », sottolineerà Trillat in un’intervista). Quando il servizio era stato mostrato alla redazione del celebre programma di attualità « 5 colonnes à la une », al quale era destinato, il rappresentante della SLI (Service de liaison interministériel pour l’information) che sorvegliava la produzione di tutti i programmi di televisione, compresa l’informazione politica, aveva detto: « Brutto cinema del 1936 », facendo riferimento al Fronte Popolare. Nonostante il produttore della trasmissione, Pierre Desgraupes, avesse difeso il servizio (« Signore, lei è qui per dire se si tratta di buona o di cattiva politica. Faccia il suo lavoro, è pagato per questo. Quanto a sapere se si tratta di buono o di cattivo giornalismo, siamo noi che dobbiamo dirlo »)[8], il servizio aveva finito per essere censurato e Trillat aveva dovuto rubare le bobine nella notte, affinché il film non fosse distrutto. Per quel che riguarda la censura di sinistra, si potrebbe evocare un’esperienza che Marcel Trillat considerava tra le più belle della sua vita di giornalista: l’animazione, su iniziativa della CGT locale, di una radio libera chiamata « Lorena cuore d’acciaio », che durante un anno e mezzo, tra il 1979 e il 1980, aveva ridato speranza ad una regione devastata dalla soppressione di 15.000 posti di lavoro e dall’avvio di una liquidazione totale della filiera siderurgica. Installata tra il Comune e la chiesa del paese di Longwy, in un bacino popolato in gran parte da immigrati italiani, questa radio aveva dato la parola a tutti, con la sola limitazione che non era possibile esprimervi pareri razzisti o fascisti : poesia, letteratura, musica classica, jazz, storie di vita, aborto, tutto era passato da lì, « Lorena cuore d’acciaio » era diventata “la cosa di tutti”, al punto che il sindacato non aveva nemmeno bisogno di pagare i giornalisti: ci pensavano gli abitanti con le loro collette. Nonostante ciò o forse anche a causa di ciò, la CGT aveva deciso di mettere fine al gioco, approfittando di un cambiamento di direzione a livello nazionale. Un’esperienza talmente forte che alcuni dei protagonisti di questa storia non si sono mai ripresi dalla delusione e che ancora oggi, in occasione della scomparsa di Trillat, il vecchio responsabile locale della CGT, Michel Olmi, ricorda con emozione : « Ha liberato la parola di coloro che ne erano privi : le donne, gli immigrati, la classe operaia. Metteva tutti a loro agio, liberava dalle certezze, apriva le teste....” (Le Républicain lorrain, 27/09/2020). Nelle conclusioni della retrospettiva immaginaria fin qui abbozzata, non si può evitare di notare che la censura colpisce spesso la gioia che accompagna ogni movimento di liberazione contro l’oppressione praticata dai potenti di questo mondo. [1] Durante l’Occupazione, Maurice Papon aveva svolto un ruolo importante nell’organizzazione delle retate contro gli ebrei. [2] Il bilancio di questo sciopero, che aveva condotto al licenziamento di 3000 minatori, era stato di molti morti, migliaia di feriti, centinaia di arresti. [3] Intervista con Tangui Perron. [4] Ivi. [5] Cfr. il documentario « Les années 68 ». [6] L’Organisation de l’Armée Secrète, meglio nota attraverso l’acronimo OAS, era un’organizzazione politico-militare francese creata l’anno precedente la fine della guerra d’Algeria, allo scopo di difendere la presenza francese in Algeria in tutti i modi, compreso il terrorismo (fonte Wikipedia). [7] Il titolo di questo film riprende quello di una poesia di Jacques Prévert, scritta nel 1951 e pubblicata nel 1955, nella raccolta « Grand bal de printemps » (Gallimard). [8] Fonte dell’aneddoto : intervista a Philippe Laïk e Colette Djidou.
0 Commenti
Lascia una risposta. |
Archivio
Gennaio 2021
|