BISOGNA CHE TUTTO CAMBI...?
10/4/2020
Conversazione con Xepel*
[Abbiamo rivolto alcune domande sulla fase attuale della crisi economica ad un esperto di politica bancaria – e di altre cose – quale il blogger Xepel. Non condividiamo tutte le sue valutazioni, che ci sembrano però interessanti e utili ad alimentare il dibattito] Cominciamo con una descrizione sintetica, anche per i non addetti ai lavori, dei provvedimenti di politica economica che sono stati emanati dal Governo durante l'emergenza che stiamo vivendo in queste settimane. Ci riferiamo, in particolare, al cosiddetto decreto Cura Italia e al provvedimento di questi giorni sulla liquidità. Risponderò cercando di essere il più sintetico possibile per aprire il dibattito, piuttosto che cercare di esaurirlo, su un evento che ha già cambiato la storia mondiale e su cui dunque bisognerà riflettere a lungo. Le misure del governo sono molteplici (http://www.governo.it/it/coronavirus-misure-del-governo). In estrema sintesi, tolti gli aspetti sanitari su cui non entro, possiamo suddividere gli interventi in tre punti: banche, famiglie, imprese. Non esaminerò i singoli provvedimenti perché sarebbe lungo e anche perché possono modificarsi di giorno in giorno; piuttosto cerco di esprimerne sinteticamente la logica. Per quanto riguarda le famiglie, in Italia come altrove, sono passate misure assimilabili a un sussidio di disoccupazione (cassa integrazione, ecc.) a lavoratori dipendenti e autonomi per cercare di impedire un crollo sociale senza precedenti. Questo per i milioni di persone che sono a casa senza lavoro. Sotto il profilo della riduzione dell’epidemia, in realtà sono rimasti aperti sin troppi posti di lavoro per le pressioni degli imprenditori, che hanno giocato un ruolo decisivo nel ritardare e limitare le chiusure, soprattutto in Lombardia. Osservo solo che il governo e i sindacati hanno giocato un ruolo di freno alquanto debole a queste richieste confermando il generale stato di sudditanza verso Confindustria. Le proteste nei posti di lavoro hanno costretto il governo almeno a una parziale ritirata, dimostrando la volontà dei lavoratori di rispondere a questo cinismo tracotante pur senza nessuna copertura sindacale. Il sostegno alle famiglie è inevitabile in tutti i paesi ma in Italia trova, soprattutto al centrosud, una difficoltà ulteriore nei milioni di lavoratori costretti al lavoro nero o grigio, che hanno visto azzerarsi il proprio reddito e non hanno titolo a ricevere aiuti. Per quanto riguarda le imprese, il governo ha agito in due modi: rimandando le tasse e garantendone i debiti. Anche in questo caso si tratta di misure comuni tra i paesi colpiti dalla pandemia. La particolarità italiana è, di nuovo, che molte piccole e medie imprese mantengono parte del proprio giro d’affari in nero e su questa parte non pagano ovviamente tasse. Se le tasse sono solo rinviate o condonate è difficile a dirsi ora. La realtà è che dipenderà da quanto grave sarà il crollo economico. Il collasso dei consumi e il blocco dei flussi finanziari tra le imprese si è immediatamente riversato sulle banche, che non potrebbero resistere più di qualche settimana a questa situazione di congelamento dei flussi finanziari. Oltre, a medio termine, a riportare perdite su crediti sufficienti a spazzare via il proprio capitale. In ogni paese gli stati si sono dunque fatti avanti per garantire questi crediti impedendo il crollo del sistema bancario. Questo ci porta al terzo blocco di iniziative. Le banche centrali hanno garantito alle banche liquidità illimitata, con l’intervento in praticamente ogni segmento dei mercati finanziari (c’è chi ha parlato di nazionalizzazione di Wall Street). Dal canto loro, i governi hanno fornito, a vario titolo, garanzie sui crediti che le banche fanno o faranno alle aziende e alle famiglie per impedirne un congelamento dei flussi di finanziamento all’economia. Nel complesso la dimensione di queste misure già ora non ha precedenti nella storia, avendo superato già la crisi del 2008 che a sua volta era stata la maggiore di sempre. Ciò comporterà un cospicuo aumento del debito pubblico e delle dimensioni del bilancio delle banche centrali. Sebbene formalmente gli stati abbiano già attuato politiche molto invasive (si pensi all’uso del Defense Protecion Act negli Stati Uniti), il senso è la protezione dei profitti e del futuro delle aziende. Nonostante i molti articoli su un nuovo modo di intendere l’economia, l’enorme fardello che questi interventi rappresentano per l’economia, senza nessuna sicurezza di una forte ripresa dopo la crisi, comporteranno attacchi alle condizioni di vita dei lavoratori anch’esse senza precedenti. Come ci si sta muovendo a livello europeo per affrontare la crisi? La costruzione europea mostrava profonde crepe già prima dell’epidemia. Il fatto che di fronte a una crisi mondiale che colpisce tutti, l’UE non sia riuscita a prendere una posizione comune su nulla, ma anzi ogni paese abbia cercato di approfittare delle difficoltà degli altri dimostra che il processo di unificazione europea è finito. L’unica istituzione effettivamente europea, ossia la BCE, come nel 2011-2012, al di là di dichiarazioni avventate della Lagarde, ha agito abbastanza rapidamente e sconfessando persino alcune regole che si era data (come l’acquisto di debito pubblico greco) ma si tratta comunque di “comprare tempo”, non di una vera soluzione. La Commissione Europea e gli altri organi dell’UE sono invece impantanati in discussioni senza costrutto. Coronabond o Eurobond, usare la BEI o il MES, sono chiacchiere che non approderanno a nulla di importante. Ogni giorno ci sono annunci su grandiosi piani che, se uno li guarda bene, sono proclami che nascondono un vuoto di dettagli, rimandati al futuro. Quanto al MES, più o meno “light”, le sue dimensioni (attorno ai 400 miliardi) sono esigue rispetto a un’economia europea di oltre 18 mila miliardi. Rimane l’idea che si tratta di misure temporanee e che a breve si tornerà alle regole di sempre, il che comporterà tagli sanguinosi per anni. Come sappiamo, la sinistra nelle istituzioni oggi non ha quasi completamente rappresentanza. Esistono solo diversi partitini quasi inesistenti. Diversi gruppi, come ad esempio alcuni rappresentanti del gruppo parlamentare LeU, o PaP, ma pensiamo anche ad alcuni settori del PRC, propongo un Reddito di Quarantena, o di Cittadinanza o di Emergenza. Secondo alcuni deve essere una misura momentanea, emergenziale; secondo altri strutturale, anche in relazione alla modificazione del sistema produttivo ed alla conseguente nascita di nuove forme di lavoro e di povertà. Che provvedimenti di politica economica dovrebbe proporre oggi la sinistra, il sindacato, per difendere le categorie meno abbienti? Il tema del reddito universale, basic income, ecc., è dibattito da molti anni soprattutto nella sinistra cosiddetta “post-operaista”. Al di là delle diverse teorie con cui questa proposta viene difesa, un reddito universale è una ottima idea ma va inserita in un contesto più generale. In particolare va collegata al punto chiave di un programma di sinistra che è la piena occupazione, che va poi declinata in vari modi (riduzione di orario di lavoro a parità di salario, piani pubblici di “impiego di ultima istanza”, ri-nazionalizzazione di aziende di settori chiave, ecc.). Queste proposte sono valide in generale, oggi c’è una situazione di drammatica emergenza e dobbiamo chiedere un aiuto per tutte le famiglie senza nessuna condizione. Peraltro queste proposte sono venute anche da ambienti per nulla di sinistra: il tema è il finanziamento di queste misure ed è questo che deve distinguere la sinistra. In assenza di una strutturale e significativa ridistribuzione del reddito, queste misure si ridurranno a una partita di giro tra lavoratori. Una domanda più politica. Ti chiediamo come oggi si possano sviluppare delle forze politiche che riportino le classi sfruttate nelle condizioni di mettere in difficoltà chi mantiene il comando della stanza dei bottoni. L’aspetto che mi preme sottolineare è che la scomparsa della sinistra italiana dal parlamento non è dipesa dal suo programma, che poteva più o meno trovare d’accordo larghi strati di popolazione come qui e là è anche emerso (si pensi al referendum sull’acqua pubblica). Il problema è che il programma non ha mai deciso nulla. Quando la sinistra è stata al governo, a partire dal primo governo Prodi, ma anche nelle istituzioni locali, ha contribuito allo sviluppo di una politica profondamente antipopolare (privatizzazioni, precarizzazione del mercato del lavoro, ecc.). Il centrosinistra ha portato alla scomparsa della sinistra. È vero che a volte la sinistra si è presentata da sola, ma come una sorta di deviazione tattica da quella che è stata un’impostazione ultradecennale. Nella percezione di massa, la sinistra, se domani tornasse in parlamento, si troverebbe nuovamente ad appoggiare governi imperniati sul PD. La parabola dei cinque stelle è stata speculare. Sono nati e hanno avuto successo non per il loro programma, confuso e sconosciuto ai più, ma per l’unico merito che promettevano di non allearsi con il PD e con la destra. Infatti ora sono in piena crisi. Se la sinistra non parte dall’assunto che non solo la destra ma anche il PD è un partito totalmente schierato con la classe dominante, con cui non è pensabile alcuna collaborazione, è impossibile che si riprenda. Non indico dunque aspetti programmatici perché, come dicevo, sotto il profilo programmatico la sinistra italiana ha detto molte cose condivisibili (penso di recente, al No al TAV, alla lotta contro il Jobs Act, ecc.) ma non è mai stata presa sul serio, direi giustamente. A che serve il programma anche migliore, se dopo le elezioni si diventa ministri, assessori in governi e giunte con il PD? *Xepel si è laureato in Economia con il prof. Giorgio Lunghini negli anni ’90 ed ha conseguito qualche anno dopo un dottorato di ricerca in Economia. Da oltre 20 anni si occupa di vigilanza sulle banche e sul sistema finanziario, che è il motivo per cui usa lo pseudonimo “Xepel” (che deriva dalla storia della rivoluzione ungherese del ’56) che dà anche il nome al suo sito (https://xepel.wordpress.com/) dove pubblica articoli di economia, storia, e altri argomenti. Svolge attività sindacale ed è membro del direttivo nazionale CGIL della sua categoria da oltre 15 anni. È un militante politico dell’attuale SCR dagli anni ’80. intervista raccolta da Marco Palazzotto
0 Commenti
Lascia una risposta. |
Archivio
Gennaio 2021
|